giovedì 25 luglio 2013

Value investors vs. value pretenders




Una delle domande che mi viene fatta più spesso è di meglio definire cos’è il value investing.

La risposta tipica di chi segue questo approccio è: “Comprare qualcosa che vale €1 per 70 centesimi o meno”. Questa può sembrare una tautologia, in quanto nessun investitore compra coscientemente qualcosa che ritiene sopravvalutato (beh, forse tranne i gestori dei fondi comuni, ma questa è una storia già ampiamente discussa).

Come spesso accade nella vita, il modo migliore per spiegare qualcosa è descrivere cosa questa non è. Ecco quindi una lista di considerazioni (alcune generiche, altre più tecniche) che NON qualificano gli investitori di tipo value.



#10. Utilizzare grafici dei prezzi storici, soprattutto quando puntano verso l’alto. Se supporti, resistenze, medie mobili e termini simili fanno parte del vostro lessico, non siete investitori di tipo value. Il value investing non si preoccupa di dove il prezzo di un’azione o di un mercato è stato nel passato o quale livello abbia appena superato, quanto piuttosto sulla relazione tra prezzo di mercato e valore intrinseco.

#9. Cercate di determinare quali saranno gli utili dell’azienda tra tre mesi o decidete sulla base di previsioni macroeconomiche (tassi d’interesse, andamento dell’economia, prezzo dell’oro, …). È doveroso ed opportuno formarsi le proprie aspettative su come il business evolverà e se in futuro creerà valore per gli azionisti, ma questo per determinare se esiste un sufficiente margine di sicurezza, non per decidere se l’azienda supererà le aspettative del mercato nei prossimi 6 mesi. Anche le previsioni di tipo macroeconomico sono importanti, soprattutto per capire come potrebbero impattare il business dell’azienda: ma non dovrebbero essere la base delle scelte di comprare/vendere, perché nessuno è capace di prevedere correttamente gli eventi macroeconomici. Al contrario, l’avverarsi di eventi negativi spesso produce interessanti opportunità.

#8. Le vostre decisioni sono prese sulla base dei consigli degli analisti delle banche o di abbonamenti a newsletter, piuttosto che leggere i bilanci aziendali degli ultimi 10 anni. Come discusso molte volte, gli analisti del sell-side sono portati a raccomandazioni di acquisto perché devono sostenere le aziende con cui trattano. Inoltre sono troppo focalizzati sui risultati dei prossimi mesi, consigliando le azioni che sono salite recentemente nella speranza che continuino a farlo e dicendo di vendere quelle che invece sono scese negli ultimi mesi. Per un investitore interessato ai fondamentali aziendali non esiste una valida alternativa alla lettura e comprensione delle fonti originarie delle informazioni, ovvero i bilanci aziendali.

#7. Andate nel panico se vi dicono che il mercato chiuderà per un anno. Se avete bisogno di un prezzo ogni giorno per determinare il valore del vostro portafoglio, non siete un value investor. I mercati azionari non conferiscono valore alle azioni: quello che fanno è piuttosto dare l’opportunità di comprare o vendere a prezzi che spesso non hanno niente a che fare con il reale valore dell’azienda. Come non avete bisogno di un prezzo giornaliero sulla vostra casa per sapere quanto vale, allo stesso modo non dovreste vedere la liquidità di un’azione come una caratteristica essenziale di un investimento. Gli investitori value guardano al valore del business, non al mercato, per i rendimenti dei loro investimenti. 

#6. La vostra tesi è basata sull’espansione dei multipli. Se prendete una decisione di investimento sull’assunto che il mercato gli assegnerà presto un multiplo maggiore, ricadete in quello che Keynes chiamava “beauty contest”, ovvero un esercizio focalizzato sul comportamento degli altri investitori. Per prendere una decisione consapevole ed informata, un investitore value determina il valore di un’azienda indipendentemente da quello che altri partecipanti nel mercato possano ritenere.

#5. Usate la crescita attesa come base delle vostre valutazioni. Se siete disposti a pagare un alto multiplo per un’azienda a rapida crescita, siete probabilmente investitori di tipo growth o momentum, ma di sicuro non value. Un vero investitore cerca di avere la crescita futura, qualsiasi essa sia, gratuitamente: è disposto a pagare un prezzo ragionevole per i flussi di cassa che l’azienda genera oggi, con la crescita attesa vista come un bonus piuttosto che una necessità.

#4. Investite sui consigli di altri (spesso non esperti o in conflitto d’interesse) e la vostra tesi non ha un riferimento al prezzo di mercato. Spesso per promuovere le virtù di un investimento si utilizzano argomenti quali: “Questa azienda sta guadagnando quote di mercato”, “Questo settore è destinato ad esplodere”, oppure: “Il paese X dominerà il mondo” senza alcuna considerazione riguardo il prezzo di mercato. Gli investitori value non fanno mai un investimento senza considerare il prezzo da pagare. Mentre è vero che in genere preferiscono comprare aziende di buona qualità ad un prezzo “equo”, possono anche essere interessati a comprare un’azienda inferiore alla media ad un prezzo di saldo. C’è un prezzo per ogni cosa.

#3. Avete un turnover annuo del portafoglio del 50% o più. I veri investimenti value non sono quasi mai scommesse di breve termine. Alle volte si è fortunati ed il valore viene realizzato velocemente, ma nella maggior parte dei casi queste idee hanno bisogno di 3-5 anni per concretizzare il loro potenziale.

#2. Non discutete nel dettaglio i rischi di un investimento, e non avete un processo strutturato (ma non complicato) per prendere una decisione. Uno dei principi fondamenti del value investing è di non perdere soldi, che è però ben diverso dal dire che non si faranno mai errori: negli investimenti non esistono rendimenti certi e sicuri. Quello che un value investor cerca di fare è di identificare almeno i rischi più ovvi e prezzarli, ovvero cercare protezione nel prezzo pagato in caso di errore nell’analisi.

#1. Utilizzate gli utili e/o fatturato dello scorso anno più previsioni sul futuro come base dell’investimento (sia per comprare che per vendere). Questo è uno dei peggiori errori che un investitore possa fare. I risultati dello scorso anno possono essere il punto di partenza per una ulteriore analisi, ma ogni azienda è la somma di tutto quello che ha fatto nel passato: guardare solo allo scorso anno è come giudicare un libro dalla copertina.

Per concludere, ci sono molti modi di avere successo nel campo degli investimenti e sicuramente più di uno di essere investitori value. Ma al cuore della definizione, le caratteristiche fondamentali di questo approccio sono:


          Una passione per una dettagliata analisi fondamentale

          Avversione al rischio e la ricerca di protezione del downside, più che il potenziale upside

          Un orizzonte temporale di lungo periodo

          Pazienza e disciplina

4 commenti:

  1. Buongiorno,
    ritiene che l'investimento in aziende in crisi (e quindi con prezzi distressed) sia una strategia di value-investing prudente?

    Il concetto che io sostengo è il seguente:
    -In caso di ristrutturazione aziendale positiva l'upside potenziale è superiore al 1.000% (ma anche 5.000%)
    -In caso di ristrutturazione aziendale negativa la perdita si limita, per definizione, al 100%.

    Una strategia di questo tipo a prima vista può non sembrare "prudente" ma in realtà il profilo rischio/rendimento è quello dell'acquisto di un'opzione Call la cui perdita massima ammonta al premio pagato.

    Cosa ne pensa?

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    1. Gli investimenti distressed sono per definizione di tipo value: si compra qualcosa che il mercato valuta al momento X ma che riteniamo abbia un valore intrinseco pari a 2X, 3X, …

      Qualsiasi investimento azionario è paragonabile ad un’opzione call, in cui il prezzo del sottostante è il valore delle attività e il prezzo strike dell’opzione è il valore del debito. Mentre questo metodo di valutazione è inutile per aziende sane e con poco debito (l’opzione call è molto “in-the-money”), è invece un’ottima metodologia per valutare aziende in distress (l’opzione è “out-of-the-money” perché il valore del debito è superiore a quello delle attività, ma l’opzione=equity ha comunque un qualche valore).

      Il rischio di un investimento dipende dalla differenza tra prezzo pagato e valore intrinseco, e quindi non è possibile definirlo prudente o meno senza conoscere la situazione specifica. Certamente i rendimenti attesi sono elevati, ma il punto cruciale è determinare bene la valutazione di quello che si acquista: quanto vale realmente questa attività? Quali fattori influenzano questa valutazione? La società ha un prodotto buono ed è gestita male, oppure ha un prodotto scarso, è in un settore in declino, subisce la concorrenza, …? Chi si occupa della ristrutturazione, il management attuale o uno nuovo? Mi fido di loro? Etc…

      Se si analizzano bene questi elementi è possibile prendere una decisione ponderata: in qualsiasi investimento azionario la perdita massima è il 100% di quanto investito, non solo con le opzioni, ma acquistare una call e dire “be’, al massimo perdo il premio pagato” mi sembra più simile a comprare un biglietto della lotteria che a value investing.

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    2. Ritengo interessante cercare di "scovare" aziende dalle seguenti caratteristiche:
      - business semplici (es. consumer staples)
      - zero o poco indebitamento (per far sì che riesca a sopravvivere per un periodo di tempo abbastanza lungo di crisi)
      - crisi dovuta essenzialmente a ciclicità di mercato

      Un esempio concreto: Select Comfort (ticker SCSS) nel 2009
      Il problema? Ad oggi non trovo praticamente con queste caratteristiche.

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    3. oggi i mercati azionari non sono in situazione di panico come nel 2008-2009, ed opportunità simili sono più rare (qualcosa che tratta a prezzi ragionevoli c'è comunque sempre)

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