giovedì 28 novembre 2013

Un mito continuamente riproposto: “Le azioni trattano ad un valore equo”



Una delle peggiori asserzioni utilizzate per giustificare l’ottimismo attuale nei mercati azionari è che “le azioni sono poco costose sulla base degli utili attesi”. Rimane un mistero come questo mito continui ad essere riproposto da analisti ed economisti, e non solo per i danni che affermazioni simili hanno fatto nel 2000 e nel 2007.

Il problema di questa asserzione è che le stime degli utili operativi per i prossimi 12 mesi sono sistematicamente superiori agli utili dell’anno appena passato, ma soprattutto escludono tutte quelle voci negative che aziende ed analisti preferiscono nascondere sotto il tappeto ma che sono invece molto, molto reali. Ad esempio, all’inizio del 2008 gli analisti ritenevano che le aziende nell’indice S&P500 avrebbero generato in quell’anno utili complessivi di $115: il dato effettivo è poi stato $50, una differenza abissale rispetto alle attese. Il multiplo P/E basato sugli utili attesi è sempre inferiore a quello calcolato sugli utili passati, facendo sembrare il mercato meno costoso di quello che è in realtà. Nonostante questo, gli analisti continuano a paragonare il forward P/E con quello effettivo storico… 

I mercati azionari in aggregato non sono oggi a buon mercato: i multipli basati sugli utili attesi (ed invero qualsiasi misura che non tiene conto degli elevati margini di profitto degli ultimi anni) danno una visione fuorviante delle valutazioni correnti. Questo non vuol dire che siamo necessariamente in una bolla e che presto ci sarà una correzione: semplicemente, non ho idea di dove saranno i mercati azionari tra qualche mese, e nemmeno mi interessa. Le mie scelte sono fatte piuttosto sulla base di questa massima: 
“We don’t buy and sell stocks based upon what other people think the stock market is going to do (I never have an opinion), but rather upon what we think the company is going to do.” (Warren Buffett) 
Con la rapida risalita dei mercati azionari, è diventato sempre più difficile trovare società che rientrano nei miei criteri di investimento: quello che cerco sono aziende con flussi di cassa stabili e prevedibili, una struttura patrimoniale solida e che trattano a prezzi ragionevoli. Tra il 2010 ed il 2012 ci sono stati alcuni periodi di marcati rialzi, ma generalmente riuscivo a trovare lo stesso delle buone occasioni, ad esempio nel settore farmaceutico ed in quello dei beni non discrezionali. Adesso, difficilmente trovo aziende che rispecchiano tutti i criteri (uniche eccezioni, alcune small caps), perché oggi il mercato è disposto a pagare un elevato premio per flussi di cassa stabili e costanti. 

Preferisco di gran lunga investire quando l’incertezza è elevata ed i prezzi bassi. Continuo a ritenere che le caratteristiche principali dei migliori investitori siano la pazienza e la disciplina. Sedere in panchina mentre tutti stanno facendo soldi è difficile e poco divertente. Ma una perdita permanente del proprio capitale è ancora meno piacevole.

Se una cosa è certa nei mercati finanziari è che il pendolo delle emozioni continuerà ad oscillare tra euforia e pessimismo: investire solo quando le valutazioni lo giustificano ha offerto rendimenti soddisfacenti nel corso degli anni. E questo è esattamente quello che continuerò a fare, anche se sembra di essere l’unico a non essere stato invitato ad una festa dove tutti gli altri si stanno divertendo ed io invece no. 

Post scriptum: cosa rappresenta il rapporto P/E 
I multipli prezzo/utili (P/E) sono un modo veloce per determinare la valutazione di un’azione o di un mercato. 

La media di lungo periodo per il mercato americano è di 15x, un valore che viene spesso citato come lo spartiacque tra mercati costosi ed a buon prezzo: quando il P/E è inferiore a 15x, in genere si ritiene che sia sottovalutato. Purtroppo, troppo spesso gli investitori non capiscono la logica dietro questo numero. Il valore di 15x non è solo la media storica di quanto gli investitori sono disposti a pagare per un $1 di utili, ma anche e soprattutto il risultato di un’equazione che sconta i flussi di cassa futuri.

Nel modello più semplice (Gordon Growth Model) il valore di un’azione o di un indice è dato dall’equazione:






dove UT+1 sono gli utili attesi per il prossimo anno, r è il rendimento richiesto dagli investitori e g è la crescita attesa degli utili. Se utilizziamo questa formula per determinare il valore equo di $1 di utili abbiamo semplicemente il P/E. Dal 1926 ad oggi l’indice S&P 500 ha avuto un rendimento (media aritmetica) di 11,3% annuo, mentre la crescita nominale degli utili è stata di 4,6% all’anno. Inserendo questi dati nell’equazione si ottiene:






Sorpresa! Il multiplo storico di 15x non è una preferenza degli investitori, ma piuttosto il risultato del rendimento atteso e della crescita degli utili.

Chi utilizza questo valore per determinare la convenienza o meno del mercato sta implicitamente assumendo che il futuro sarà uguale al passato. Ma questo è raramente il caso: i tassi di crescita variano nel tempo, e così fanno i rendimenti richiesti dagli investitori.

I mercati valutati solo sul P/E corrente non sembrano mai sopravvalutati al picco del ciclo economico: gli utili sono elevati, spesso in maniera non sostenibile, ma nonostante questo gli analisti li proiettano nel futuro indefinito. È per questo che è importante focalizzarsi su medie di più anni come fa il CAPE, e non sui numeri di un singolo periodo: gli analisti finiscono per ritenere cheap un mercato fino alla prossima recessione.

Oggi il mercato azionario americano tratta esattamente a 15x gli utili attesi nel 2014, quindi in linea con il valore storico: ma questo è basato su una crescita attesa degli utili di quasi 13% (stime di Standard and Poor’s), in un contesto in cui la crescita degli utili operativi è stata del 3,5% negli ultimi quattro trimestri nonostante i margini di profitto siano ai massimi storici.

Se un’azienda ha margini di profitto di 5% in recessione e di 10% quando l’economia tira, ma solo di 8% su un ciclo economico completo, sareste felici di pagare un multiplo degli utili medio basato su margini di 10%? Tutti coloro che investono oggi in ETF e fondi passivi stanno facendo esattamente questo. 

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