mercoledì 14 maggio 2014

Quattro cose che l’industria degli investimenti dovrebbe fare per cambiare la propria reputazione

Prendo spunto dalla sessione di Carl Richards, autore di The Behaviour Gap, alla recente conferenza annuale del CFA Institute per discutere alcuni cambiamenti che tutta l’industria degli investimenti (SGR, private bankers, piattaforme di trading, consulenti, promotori, …) dovrebbe fare propri, ma che ovviamente non metterà mai in pratica.

1. Ammettere che siamo parte del problema, non sempre la soluzione
Il termine behaviour gap indica la differenza tra il rendimento di un investimento e quello degli investitori, come ad esempio tra la performance dichiarata da un fondo ed il rendimento che un investitore nel fondo realizza effettivamente. Questa discrepanza nasce in gran parte dai costi sopportati dagli investitori, ma anche dalla fissazione di inseguire le performance recenti.
 


La maggior parte dei soldi investiti nei fondi lo è perché è stata “consigliata” da un qualche consulente: se vi è un’ampia discordanza tra i rendimenti time-weighted e dollar-weighted per una stessa strategia, allora siamo chiaramente parte del problema (le definizioni di rendimenti time-weighted e dollar-weighted sono alla fine del post). Non ci vuole molto a vendere ad un cliente quello che vuole (per non parlare di quello che è più lucrativo per il venditore…), ci vuole invece uno sforzo aggiuntivo per vendergli quello di cui ha bisogno. L’industria degli investimenti è tra le più opache al mondo: in pochi sanno cosa stanno realmente comprando e quanto lo stanno pagando , e troppo spesso è difficile anche solo calcolare correttamente i costi.

L’altro motivo per il quale l’industria degli investimenti è parte del problema è legato al processo con il quale sono prese le decisioni di investimento. Ci piace chiamarlo analisi e ricerca, ma quello che facciamo in realtà è: “Devo prendere una decisione, e per farlo devo prima analizzare gli investimenti ed i mercati, ed i risultati che otterrò saranno sistematicamente in linea con quello su cui sono d’accordo e rigetteranno tutto quello in cui non credo.” Purtroppo, come esseri umani siamo sempre alla ricerca di una qualche evidenza che sostenga le nostre decisioni. 


 

2. Parlare di quello che è impotante

Quello che facciamo ogni giorno è cercare di aiutare le persone a prendere delle decisioni che riguardano il raggiungimento dei loro obiettivi e sogni, ma non lo sappiamo fare perché ogni volta che tocchiamo questo argomento si scatena un’accesa discussione. Ci aspettiamo che il risultato ex-post sia sempre una funzione di una formula, di un grafico o di uno spreadsheet di Excel, ma non è così: quello che otteniamo è più influenzato dalla sfera emotiva che da quella matematico-razionale. Battere un indice di mercato non è così importante come comprendere quello che un cliente sta cercando di ottenere dai suoi investimenti.


3. SemplificareNessuna industria ha elevato l’arte di trasformare il semplice in complesso come quella degli investimenti. Abbiamo la tendenza a credere che la complessità sia una sorta di indicatore di superiorità intellettuale, mentre in realtà è semplicemente un trucchetto di marketing: è più facile applicare commissioni elevate per qualcosa che sembra sofisticato ed irraggiungibile senza l’intervento dell’esperto di turno. Ma questo accade perché l’industria degli investimenti confonde semplicistico con semplicità.



Un business può prosperare solo se soddisfa gli obiettivi dei clienti, ed a giudicare dalla quantità delle lamentele non sembra che l’industria degli investimenti sia orientata sulla strada giusta. Quando pensiamo a quale sia l’obiettivo finale di chiunque investa dei soldi, la maggior parte dei casi è per raggiungere un qualche obiettivo finanziario, ma che include anche una componente emotiva (“Voglio sicurezza economica”, “Voglio essere felice”). È importante focalizzarsi sul piano e sull’obiettivo, non sul prodotto.

Sempre più clienti vogliono qualcosa di intuitivo e comprensibile, e saranno disposti a pagare se manteniamo la promessa di rendere la loro vita finanziaria più semplice.

4. Rilassarsi
Il focus del nostro lavoro dovrebbe essere all’intersezione delle cose che sono importanti e di quelle che possiamo controllare.



Con la significativa eccezione dell’andamento dei mercati finanziari, la maggior parte delle cose che sono importanti in un investimento sono sotto il nostro controllo. E nonostante questo spendiamo quasi tutto il nostro tempo a preoccuparci dell’unica cosa che non possiamo controllare, né tantomeno prevedere! Se ci focalizzassimo invece sulle cose che realmente sono importanti, potremmo rendere i clienti più felici e soddisfatti. 

“For most investments, much can go wrong, including numerous factors beyond an investor’s control: the economy, the markets, interest rates, the dollar, war, politics, tax rates, new technology, labor problems, competition, litigation, natural disasters, fraud, dilution, accounting gimmicks, and corporate mismanagement. Some but not all of these risks can be hedged, often only imprecisely and always at some cost. Other factors are under an investor’s control, but are not always controlled: discipline; consistency; remaining within your circle of competence; matched duration of client capital with underlying investments; prudent diversification; reacting rationally to news or market developments; and of course, not overpaying” (Seth Klarman)

Definizioni
Senza entrare troppo in tecnicismi, il dollar-weighted rate of return (DWRR) è calcolato sulla base dell’ammontare investito all’inizio ed alla fine del periodo, mentre il time-weighted rate of return (TWRR) è basato sul tempo che questi soldi sono investiti.

DWRR è influenzato dai flussi in entrata ed uscita dal portafoglio, ad esempio un fondo: di conseguenza la performance è migliore quando più capitali sono investiti in un periodo di crescita dei mercati. Questa metodologia è centrata sull’investitore, perché non isola la performance del fondo dalle scelte di timing dell’investitore. 

TWRR misura invece una sorta di rendimento medio nel periodo, senza considerare l’impatto della tempistica o della dimensione dei flussi verso il fondo. Si può pensare a TWRR come al rendimento di €1 investito nel portafoglio ignorando tutti i flussi di cassa: per questo motivo è il metodo utilizzato per confrontare una strategia con un benchmark appropriato. Poiché un fondo non ha alcun controllo sul timing dei contributi/prelievi da parte dei clienti, TWRR è il solo modo equo di valutare le scelte del gestore.

Facciamo un esempio: investiamo €10.000 in un fondo che cresce al 10% annuo per i primi 4 anni. All’inizio del quinto anno riceviamo un bonus ed investiamo ulteriori €50.000 nel fondo, solo che quell’anno il mercato va male e perde il 10%. Il valore del portafoglio sarebbe pertanto il seguente:



Poiché il valore del nostro investimento è molto superiore quando inizia il declino del mercato nel quinto anno, alla fine del periodo abbiamo registrato una perdita cumulata rispetto a quanto investito (un totale di €60.000). Eppure, nel materiale marketing del fondo ci viene detto che negli ultimi 5 anni ha avuto un rendimento annuo composto positivo, e precisamente di 5,67%. Come è possibile? 

Il motivo è che nei primi 4 anni la performance è stata positiva e conta per 4/5 del rendimento complessivo, e solo 1/5 degli anni è stato negativo: ogni anno ha un uguale impatto sulla performance cumulata. Quando invece si usano i rendimenti dollar-weighted la performance del quinto anno ha il sopravvento a causa del contributo finale, portando ad una perdita annua composta di -1,86%. [Ovviamente il contrario avviene se i primi 4 anni sono negativi e l’ultimo è positivo.]

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