lunedì 9 giugno 2014

Fama & French: Revolution


Con poca pubblicità - almeno per il momento - sembra che i professori Fama & French (F&F) stiano apportando delle modifiche al loro famoso modello a 3 fattori per spiegare i movimenti nei prezzi delle azioni. I 3 fattori originari sono: 1) il mercato stesso attraverso il beta, come nel CAPM; 2) un fattore value, rappresentato dal P/BV; 3) ed un fattore di dimensione, small cap vs. large cap.
Basandosi su nuove ricerche e maggiori dati, hanno oggi aggiunto due nuovi fattori che sembrano essere più importanti, ed anzi aiutano meglio a spiegare i precedenti tre. 

I due nuovi fattori sono una misura della redditività delle aziende e del loro livello di investimenti. In particolare, questi due fattori sembrano rendere ridondante il precedente fattore value: in pratica, le azioni value (definite da F&F come quelle con un basso P/BV) battono le azioni growth (quelle con alto P/BV) perché sono più redditizie e necessitano di minori investimenti.

Questa potrebbe essere una rivelazione (ed una rivoluzione) per tutti coloro che sostengono le teorie dei mercati efficienti e hanno creato un’imponente industria degli investimenti basata su di esse. Fino ad ora, infatti, i seguaci della EMH non negavano che le strategie value avessero una performance migliore di quelle growth: semplicemente, la loro spiegazione era che le azioni value sono più rischiose (trattano a bassi P/BV perché hanno problemi, sono in settori più ciclici o in declino, hanno minore redditività, minore crescita, …), e di conseguenza i loro rendimenti attesi sono maggiori (maggior rischio = maggior rendimento). 

Già nel 1984, quindi ben prima che si scatenasse il dibattito su beta e mercati efficienti, nel suo famoso articolo “The Super Investors of Graham and Doddsville” Buffett aveva già dimostrato come la EMH fosse completamente inutile, mostrando come un gruppo di investitori reali (non topi da laboratorio…) avessero avuto performance di gran lunga superiori al mercato focalizzandosi su una strategia di lungo periodo e mettendo il margine di sicurezza al centro del loro processo. 

L’efficacia del fattore value è stata dimostrata in vari mercati, paesi e cicli economici, anche se in gran parte è coincidente con il fattore size. Adesso, nel nuovo modello a 5 fattori, l’elemento value viene spiegato da una combinazione di redditività ed investimenti. I due fattori aggiuntivi non sono infatti altro che una proxy per elevata generazione di FCF e bassa intensità degli investimenti. Quindi è appena diventato apparente anche a F&F che le aziende di tipo value sono più redditizie e hanno bisogno di meno capitale solo per rimanere competitive (vogliamo chiamarle azioni di qualità?), e che sono proprio queste le aziende che un investitore dovrebbe ricercare perché hanno migliori rendimenti nel lungo periodo!

Un sostenitore sfegatato della EMH dovrebbe invece concludere che le aziende più redditizie e con bassa
intensità di capitale devono necessariamente essere più rischiose per comandare questo premio. E che investire in aziende con bassa redditività e capital-intensive porta a rendimenti più bassi perché queste aziende sono meno rischiose… Immagino che chiunque trovi questa spiegazione assurda.

Io ne ho una più semplice: ci sono voluti 30 anni (ed un premio Nobel…) per spiegare quello che qualsiasi imprenditore capisce dopo 5 minuti. Ovvero che i migliori business sono quelli che hanno operatività stabile, generano sostanziosi FCF (e quindi, ad esempio, non hanno bisogno di ricorrere al debito) e che non necessitano di molto capitale per continuare ad avere successo. Al contrario, possono permettersi di re-investire nella ricerca di nuove opportunità di profitto ed aumentare il gap con le altre aziende.

Per sfruttare questi benefici occorre però avere un lungo orizzonte temporale: l’investitore paziente possiede business di qualità superiore perché la qualità è sistematicamente sottovalutata dai mercati (che sono tutt’altro che pienamente efficienti).

1 commento:

  1. Anche Joel Greenblatt con la sua "formula vincente" si muovo più o meno con questo principio mediante un indicatore che pondera due elementi distinti:
    - Un indicatore di efficienza nell'uso del capitale
    - un indicatore che misura la redditività con la capitalizzazione di mercato.

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