lunedì 12 settembre 2016

Shipping – follow-up

Il post sull’industria dello shipping è stato quasi profetico: la coreana Hanjin Shipping, settima azienda mondiale per dimensioni, ha infatti dichiarato bancarotta, il maggior fallimento di sempre nel settore. Con questa sono 4 le società che sono fallite (o sono vicine a farlo) negli ultimi mesi.

Il problema, come evidenziato nel post precedente, rimane l’eccesso di offerta, anche se pensavo che i guai peggiori li avrebbero avuti i costruttori di navi (forse seguiranno a breve). Nonostante il processo di consolidamento (la francese CMA CGM ha comprato Neptune Orient, la tedesca Hapag-Lloyd si sta fondendo con United Arab Shipping, due aziende cinesi si sono unite per formare China Cosco Shipping Corp.) ed i recenti fallimenti, la stazza disponibile è ulteriormente aumentata nel 2016. La conseguenza più ovvia è che un quinto della flotta disponibile è ferma nei porti.

È vero che i tassi per spedire un container sono risaliti dai minimi di $600 fino a $1.400: ma se anche il leader mondiale Maersk, nonostante tutti gli sforzi per ridurli, ha ancora costi medi di circa $2.000 (pag. 7 della presentazione dei risultati del secondo trimestre), è difficile vedere come queste aziende possano rimanere a galla.
La strada più breve per ritornare alla redditività sarebbe quella di rottamare alcune navi: possibile (visto che 80% della flotta mondiale fa capo a 3 cartelli) ma difficile, perché nessuno vorrà essere la prima a cominciare. Purtroppo è prevedibile che ci saranno ulteriori write-down, ristrutturazioni e fallimenti.

5 commenti:

  1. il problema è che questi fallimenti non diminuiscono la capacità poiché le navi poi cambiano proprietario non vengono rottamate, un altro problema è che non ci sono stati sovrani che possano obbligare a rottamare le vecchie navi(con almeno la scusa di inquinare meno) poiché possono essere facilmente spostate di stato e di rotta, la domanda è, come si potrà raggiungere il naturale equilibrio che in un modo o nell'altro alla fine si dovrà raggiungere? prima o poi si dovrà tornare alla redditività, ti(scusa se ti do del tu ma su internet non riesco a dare del lei) viene in mente qualche settore che presenta analogie con questo?
    estremamente ciclico, alti investimenti in attrezzature, grosse economie di scala, poca tecnologia

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    1. è proprio così: in aggregato per l’industria sarebbe meglio “togliere” capitale (i.e., rottamare le navi e ridurre l’eccesso di offerta), ma a livello di impresa individuale ognuna aspetta che siano le altre a muoversi, convinte di poter resistere ancora un po’ mentre le altre andranno presto sotto (ed infatti come dicevo nel post precedente gli armatori continuano ad ordinare navi!). Lo stesso è successo per il petrolio: l’Arabia Saudita ha detto: “perché per bilanciare domanda ed offerta devo diminuire io la produzione, così che Iran e US possono produrre a pieno regime ed a prezzi più alti?” Dal loro punto di vista non ha alcun senso farlo.

      In queste situazioni gli stati sovrani non solo non aiutano molto, ma sono anzi i maggiori colpevoli: molte di queste aziende (e di quelle costruiscono le navi) sono a proprietà statale, soprattutto in Asia, e nessun governo vorrà ridurre produzione/acquisti a scapito dell’occupazione.

      Un settore simile è quello energy&mining (dove un po’ di nuova tecnologia c’è), che ha seguito esattamente lo stesso ciclo ed adesso sta tendandosi di auto-ripararsi. Non molto diverso è il real estate (in particolare gli housebuilders), soprattutto in alcune nicchie/paesi dove si è costruito troppo negli ultimi anni. Ed anche le banche: non molti investimenti in attrezzature, ma il capitale impiegato è comunque elevato.

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  2. Un po' di note:
    1)Rottamare le navi non è logico: i costi sostenuti per l'acquisto sono costi affondati!
    Per ridurre l'eccesso di offerta si ricorre al cold stacking, cioè la nave viene parcheggiata in un porto, la maggior parte dei sistemi vengono spenti ed il personale mandato a casa, che fa crollare i costi operativi.
    Questa soluzioe ha dei contro, ma il pro è che in futuro potrai per qualche anno usufruire della nave riducendo le perdite generali dell'investimento.

    2) "Gli stati sovrani non aiutano": il fallimento di Hanjin ha ricevuto picche proprio dalla banca per lo sviluppo coreana, dopo che Hanjin non è riuscita a ridurre i costi di noleggio delle navi

    3) "Non si possono obbligare le vecchie navi ad inquinare meno": ci sono le convenzioni internazionali e gli obblighi delle singole fasce costiere. Il Sulphur cap 0.5% verrà implementato nel 2020 o 2025, con l'obbligo di adattare motori, serbatoi e quant'altro.

    4) "Il settore è a bassa tecnologia": il settore è quello della logistica-trasporti, la tecnologia abbonda anche se spesso è nascosta.

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    1. Grazie mille per i commenti

      1) Le navi vengono regolarmente “rottamate”, e ci sono agenzie che tengono conto anche dei volumi mese per mese (http://worldmaritimenews.com/archives/189117/containership-scrapping-to-pick-up-in-2016/). Il “cold stacking” (anche se non sapevo che si chiamasse così) è quello a cui mi riferivo con “un quinto della flotta disponibile è ferma nei porti.” Questo riduce i costi correnti delle compagnie di shipping, ma non l’eccesso di offerta sul mercato.

      2) Vero, e Hanjin è collassata per il troppo debito. Ma quante banche statali cinesi stanno finanziando indiscriminatamente le aziende sia di trasporto che di costruzione perché così è stato ordinato dall’alto per mantenere occupazione e crescita del PIL? Come dicevo nel post precedente, qualcuno (banche e/o governi) prima o poi sarà costretto ad un gigantesco write-down; nel caso di Hanjin suppongo sarà proprio Korea Development Bank a subire le perdite maggiori (non conosco i dettagli precisi)

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    2. 1) La riattivazione di una nave richiede mesi ed un tempo ancora maggiore se è stata ferma per tanto tempo, l'effetto sulla domanda è a tutti gli effetti quello di una riduzione di offerta.

      Divertiti => https://www.bimco.org/Reports/Market_Analysis/2016.aspx

      Dopo più di un anno che seguo società di petroliere posso dire di non capirci nulla e ci sono molte differenze tra portacontainer e petroliere (che seguo di più)

      Riguardo il punto 3, molte società di brokeraggio ritengono queste nuove convenzione provocheranno un cambiamento paragonabile all'introduzione dell'obbligo del doppio scafo per le petroliere (praticamente han rifatto tutta la flotta mondiale).
      Non so quanto quest'effetto si sentira sulle portacontainer (non so se facciano uso di "ballast water"), però molte cose stanno cambiando e questo dovrebbe mettere fuori gioco un numero sempre maggiore di navi indipendentemente da un miglioramento della domanda.

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