giovedì 13 ottobre 2016

Metro Bank plc

Metro Bank plc (MTRO LN) è una delle cosiddette challenger banks che stanno tentando di rovesciare l’establishment britannico [Ve ne sono ovviamente altre: Aldermore, Virgin Money, FirstDirect/HSBC, Shawbrook, per nominarle solo alcune. E molte aziende non-bancarie competono in UK per i prestiti, soprattutto quelli personali.]

Il buono…
La tesi rialzista è facilmente riassumibile: il mercato bancario UK è tra i più concentrati e meno competitivi al mondo (= pricing power ed ottimi profitti), dominato da 4 giganti domestici (Barclays, HSBC, Lloyds e RBS) ed uno estero (Santander), ma tutti con una pessima reputazione, a maggior ragione dopo la crisi.


Al contrario di tante nuove piattaforme focalizzate sull’offerta online, Metro Bank persegue invece una strategia old-fashion basata sulle filiali e su un approccio quasi fanatico al customer service: creare un’esperienza semplice ma soddisfacente per i clienti è decisamente qualcosa che manca nelle banche moderne.

Al momento è minuscola rispetto alle altre banche dominanti (ha una quota di mercato di 0,2% nei depositi), ma ha chiaramente enormi opportunità davanti a sé. Il suo vantaggio competitivo è proprio l’attenzione ai clienti: al contrario delle altre banche che chiudono alle 17 quando le persone avrebbero più tempo per andarci, Metro Bank ha deciso di tenere aperte le proprie filiali, che sono più propriamente definite “stores”, negozi, fino alle 20 (fino alle 18 il sabato ed alle 17 la domenica). Le banche tradizionali cercano di ridurre i costi in ogni modo chiudendo le filiali e spingendo i clienti verso i canali online; al contrario, gli stores di Metro Bank sono eleganti, accoglienti e sembrano la lobby di un hotel a 5 stelle. 



Secondo le recensioni di un cliente ed investitore, ci sono voluti solo 40 minuti per aprire un nuovo conto corrente, ricevere il bancomat funzionante con PIN programmabile ed un’app da installare sullo smartphone, operazioni che nella maggior parte delle altre banche richiedono giorni se non settimane.

I clienti sembrano apprezzare decisamente quest’offerta:

La crescita è ancora più impressionante se consideriamo che Metro Bank non utilizza grandiose campagne di marketing (lo scorso anno ha speso solo £3,5 milioni, preferisce il passaparola tra clienti soddisfatti) e nemmeno aggressive offerte sui depositi (circa 30% sono a tasso zero, rispetto ad una media di 16% per il resto delle banche inglesi).

Mentre analisti, investitori e manager delle banche retail sono tipicamente ossessionati dal cost/income ratio (più è basso, maggiore è l’efficienza e la redditività della banca), Metro Bank ignora espressamente questa metrica e si focalizza sul servizio: la competizione è per attrarre quei clienti che ne apprezzano la qualità ed accettano che abbia un prezzo (un po’ come le banche private svizzere).

… il brutto…
Più interessante, è cercare di capirne il business model: nel prospetto dell’IPO dello scorso marzo si legge infatti (p. 23):

Metro Bank is exposed to risks relating to relationships with intermediaries. Metro Bank relies on its network of intermediaries, having derived approximately 84% of its mortgage portfolio and 61% and 75%, respectively, of its invoice and asset finance portfolios from intermediaries in 2015, with the top 10 brokers accounting for approximately 80% of all intermediary-originated loans in the same year. Metro Bank has limited oversight of intermediaries’ interactions with prospective customers, and if intermediaries violate applicable regulations or standards when selling Metro Bank’s products, Metro Bank’s reputation could be harmed.”
Tre quarti dei prestiti ai clienti non sono fatti direttamente bensì provengono da brokers esterni, sui quali ammette di avere poco controllo. E guardando alla semestrale di giugno si può notare che solo il 60% degli impieghi sono prestiti veri e propri, mentre il restante 40% sono titoli obbligazionari o liquidità.

Al momento sembra che la strategia sia di attrarre depositi da persone agiate alle quali interessa un servizio personalizzato ed allo stesso tempo dare in outsourcing la parte di asset origination. La domanda diviene quindi: quanto valore sta creando Metro con tutte queste filiali eleganti e lunghi orari di apertura quando i tassi d’interesse sono vicini a zero? Probabilmente non molto: è vero che la banca ha cominciato “solo” 6 anni fa, ma ad oggi non ha ancora prodotto una sterlina di profitto, ROE/ROA sono negativi nonostante le rettifiche per perdite su prestiti siano insignificanti, ed il cost/income ratio è ancora 120%. Il modello basato sulle filiali (pardon, stores) può far piacere ai clienti di medio-alto livello, ma è un modo molto costoso per conquistarli: anche se i titoli di stato hanno rendimenti negativi, le banche non sono ancora riuscite a far pagare i clienti per depositare i loro soldi (è vero che il costo diretto dei depositi è basso, ma il costo del funding per una banca non è solo il tasso d’interesse pagato, include anche tutte le altri spese per gestirla).

Il secondo problema riguarda la qualità dei prestiti concessi, con un modello (utilizzo di intermediari esterni) che è l’esatto opposto di quanto fa invece Svenska Hendelsbanken, il cui vantaggio competitivo è di essere prudente e conservativa nel processo di loan underwriting. Il modello di Metro Bank replica quello utilizzato da Commerce Bank negli US, che però funzionava bene negli anni 1980-1990 quando i tassi d’interesse erano molto alti: all’epoca il cheap float offerto dai depositi era molto prezioso, mentre oggi il loro valore è opinabile (al punto che JP Morgan ha deciso di restituire $100 miliardi di depositi in eccesso ai propri clienti).

Queste sono state infatti le conclusioni di FT-Alphaville

If deposit growth is the aim, which it appears to be, then it will always be more convenient to match those liabilities with securities, which are easier to buy in the markets, than loans.
The problem is that securities, or bonds, don’t make their owners a lot of money these days. Unlike the years during which Hill built up Commerce Bank in the US, across the world today central bank interest rates are zero, barely above zero, or even negative. That has dragged down bond yields (or inflated bond prices if you want to look at it that way) and so unless you’re willing to wade into the riskier end of the market, there isn’t much income to be had owning securities.

[Nota: FT-Alphaville ha una lunga raccolta di articoli sulla banca per chi fosse interessato ad approfondire]

… ed il cattivo
Gran parte dell’appeal di Metro Bank risiede nelle capacità del suo fondatore, Vernon H. Hill: in un articolo di Forbes del 2007 era stato inserito nel “20-20-20 Club” (CEO che sono stati per almeno 20 anni a capo di un’azienda quotata e che hanno generato un rendimento composto del prezzo delle azioni di almeno il 20% in questi 20 anni), in compagnia nientemeno che di Warren Buffett e Lawrence Ellison di Oracle (ed altri).

Hill fondò Commerce Bank nel 1973, che fu poi venduta nel 2007 per $8,5 miliardi (ad un P/E di 26x!) alla canadese TD Bank. Dopo alcuni anni, durante una vacanza in UK notò quanto i clienti delle banche locali fossero insoddisfatti del servizio ricevuto, e nel 2010 decise di replicare il successo di Commerce Bank dall’altra parte dell’oceano Atlantico.

Quello che i suoi sostenitori non dicono è che Hill fu a tutti gli effetti licenziato da Commerce Bank nel giugno 2007 (mentre la vendita della banca avvenne ad ottobre 2007), a causa di svariati incidenti nei quali la banca non mostrò comportamenti propriamente etici:

“This was not Commerce Bank’s first brush with the law. In 2004, a federal grand jury indicted two Commerce executives, Glenn K. Holck and Stephen M. Umbrell, on charges of giving loans to the Philadelphia city treasurer in exchange for the city’s financial business. In 2005, the two executives were convicted of conspiracy and the treasurer was found guilty of fraud and conspiracy. Although investigators disclosed that they had taped Mr. Hill talking about business with the treasurer, Mr. Hill was never charged.”
Oppure, da un altro articolo di Fortune:
“For all his success, Hill left himself vulnerable on ethical questions in a highly regulated business. For many years Commerce had been paying big fees to Shirley Hill to design the branches and to her husband’s partnerships for leases under more than a dozen branches. In 2007 the regulators demanded that Hill end those arrangements. They also banned Commerce from opening new branches, the lifeblood of his business, unless Hill resigned. After Hill stepped down he signed a consent order requiring that any bank in which he’s a major shareholder conduct an independent review before approving contracts with companies owned by Hill or members of his family.”
Ancora oggi, sua moglie Shirley è pagata per il design delle nuove filiali di Metro Bank, esattamente come accadeva a Commerce Bank. E vogliamo considerare il fatto che nel 2010 Hill aveva dovuto rinunciare alla carica di non-executive chairman per poter ottenere le necessarie licenze per svolgere l’attività bancaria (è poi ritornato charmain nel 2012 quando l’altro fondatore lasciò per fondare un’altra banca online, Atom Bank)?

“To IPO or not to IPO?”
La quotazione di Metro Bank non è stata la classica IPO, in quanto nessuna azione è stata venduta direttamente al pubblico. Quello che ha fatto è stato invece un aumento di capitale di £400 milioni riservato agli azionisti esistenti per poi essere “introdotta” sul listino: il prospetto dell’operazione fu circolato infatti solo tra gli azionisti esistenti e pubblicato solo dopo che le azioni cominciarono ad essere trattate. Ad oggi sono state negoziate oltre 15 milioni di azioni (circa 20% del capitale), ma sembra che nessuno dei principali investitori pre-IPO abbia ceduto la propria partecipazione.

Conclusioni
Una buona banca genera uno spread positivo tra i depositi/altri finanziamenti che riceve e gli investimenti/prestiti che fa. Un’ottima banca è quella che riesce anche ad accrescere il capitale investito. Al momento Metro Bank è in grado di fare entrambe le cose: il net interest margin è di 200 bp e gli impieghi sono cresciuti di 155%/anno negli ultimi 5 anni. Ed infatti da marzo ad oggi il prezzo è andato molto bene (+30%, al contrario di Aldermore che invece ha perso il 25%) e dopo qualche esitazione a giugno ha retto anche l’impatto di Brexit.

Promossa come “la Apple delle banche”, non ho dubbi che all’attuale crescita dei volumi che sta registrando il titolo abbia ancora margini di apprezzamento nel breve-medio periodo, soprattutto se in uno dei prossimi trimestri riuscirà a registrare finalmente un profitto. Per chi è interessato soprattutto al momentum, può essere sicuramente un titolo interessante.

Ma dal punto di vista dei fondamentali, la valutazione corrente (P/TBV di 2,3x, P/E non calcolabile) mi sembra abbastanza costosa: per sostenerla il business dovrebbe generare un ROE di 17%-20% in futuro.

Ed occorre sempre una sana dose di scetticismo per le istituzioni finanziarie (non solo banche) che crescono molto velocemente. In fondo non è poi così difficile: anche se si prestano soldi a chiunque, questi non fanno certo default dopo il primo mese. Al contrario, i default tendono a concentrarsi verso la scadenza dei prestiti: esattamente quello che è successo nella crisi dei sub-prime, quando non si dovevano pagare nemmeno gli interessi per i primi anni ma poi i default hanno cominciato ad accumularsi una volta che l’economia aveva rallentato.

Finché la banca cresce vertiginosamente, tutto sembra andare per il meglio; ma quando la crescita rallenta, i default si accumulano e spesso spazzano via tutti i profitti degli anni precedenti. Un dettaglio da non trascurare è che al momento Metro Bank ha accantonamenti per perdite di soli £5 milioni su prestiti di £4,6 miliardi (0,1%), un livello chiaramente non sostenibile soprattutto se questi sono originati da broker esterni. 

1 commento: