mercoledì 9 novembre 2016

QE e tassi negativi = politica monetaria restrittiva?

[I prossimi post tratteranno di alcune delle cose più interessanti che sono state discusse alla recente CFA European Investment Conference.]

I titoli bancari europei sono stati tra i più penalizzati quest’anno. Nel caso di Deutsche Bank (DB), che fino a qualche settimana fa sembrava dovesse produrre un nuovo “momento-Lehman”, la colpa è stata data alla multa da $14 miliardi comminata dalle autorità americane per la vendita di mortgage-backed securities, molto più alta di quanto gli analisti si aspettavano. In realtà non è stato certamente quella la causa principale, in quanto DB aveva già perso 2/3 del suo valore nei dodici mesi precedenti rispetto a quando la richiesta è stata resa pubblica (15 settembre).


Il problema, quindi, da un’altra parte. Una possibile spiegazione è data dal grafico sottostante:
Quello che mostra è l’andamento della cross-currency (ccy) swap basis tra euro e dollaro per periodi di 5 anni. Questa tipologia di swap rappresenta probabilmente il mercato più liquido al mondo (dopo i tassi di cambio) e serve ad “equalizzare” i tassi di finanziamento su differenti valute. Come possiamo vedere dal grafico, la base è stata negativa a partire dall’inizio della crisi finanziaria: una base negativa significa che un finanziamento in USD è diventato più costoso per le banche dell’Eurozona, perché sul collaterale che devono dare a garanzia del prestito ricevono meno del tasso corrente di mercato (Libor/Euribor), e quindi il segno negativo (qui trovate una buona spiegazione).

I cross currency swaps sono le tubature che fanno funzionare i sistemi bancari globali. Ogni volta che qualcuno al di fuori degli Stati Uniti accende un prestito in USD presso la propria banca, è molto probabile che questi dollari che la banca presta al cliente siano stati ottenuti scambiando i depositi nella valuta locale con dollari nel mercato dell’eurodollaro. A meno che la banca non sia basata in un paese che utilizza normalmente i dollari (ad esempio quelli legati al petrolio come Russia, Arabia Saudita, …), è molto improbabile che abbia sufficienti depositi per fare questi prestiti. In particolare, le banche d’affari come DB che hanno una ridotta base di depositi da clienti ma operatività globale (il 70% delle operazioni globali sono fatte in USD) sono molto dipendenti dal mercato interbancario. Visto che ottenere USD attraverso finanziamenti unsecured è tipicamente più costoso, la strada preferita dalle banche è di utilizzare un cross currency swap: è proprio questo il modo nel quale la politica monetaria della Fed è (in maniera non intenzionale) disseminata nel resto del mondo.

Se il costo del funding in USD aumenta, la loro redditività si riduce molto più che a causa una singola multa, per quanto elevata. (L’altra banca particolarmente impattata oltre a DB è Credit Suisse, il cui prezzo di mercato ha seguito una traiettoria simile nonostante l’assenza di qualsiasi multa.)

Quindi, perché il costo del funding in USD è in aumento per le banche europee (= perché la base è negativa)? Una delle spiegazioni spesso portata è la scarsità di dollari. Questo è quello che è success nel 2008/2009 e nel 2011/2012, quando i mercati in caduta libera hanno forzato gli a liquidare i loro assets per generare liquidità in dollari. Nel corso del 2012 in particolare gli investitori vendettero in massa gli assets europei, finché ci fu il “whatever it takes” di Draghi e la base si rinormalizzò fino a metà 2014, quando ha cominciato ad allargarsi di nuovo.

Tuttavia, oggi non sembra esserci una scarsità di dollari: i mercati finanziari sia europei che americani sono stati in sostanziale rialzo dal 2014; quelli emergenti e le commodities sono stati tra i migliori quest’anno; ed anche la Cina sembra apparentemente calma. E nonostante questo la base ha continuato a peggiorare: quale può essere la ragione?

Una possibile spiegazione è che questa volta la colpa è da attribuire ai tassi d’interesse negativi. La linea rossa nel grafico mostra che questi furono introdotti dalla BCE proprio a metà 2014, ed in seguito portati fino a -40 bp. È proprio da quella data che la base ha cominciato a deteriorarsi ribaltando la fase di normalizzazione dei due anni precedenti.

Questa tuttavia è solo l’evidenza empirica: una correlazione da sola non implica causalità e potrebbe trattarsi di una semplice coincidenza. Abbiamo bisogno di una teoria causa-effetto migliore.

Tra le conseguenze non volute del QE potrebbe esserci proprio il fatto che i tassi negativi sono il principale fattore nel determinare una base negativa e quindi che queste politiche monetarie non convenzionali non sono affatto espansive bensì restrittive (in quanto aumentano il costo del funding in USD). Non sorprende che la Germania e DB in particolare siano tra i principali detrattori delle decisioni della BCE

Utilizziamo un esempio. Una banca europea (A) vuole incrementare la sua operatività in USD: questo può essere fatto attraverso maggiori prestiti ad aziende energetiche, a quelle attive nei mercati emergenti o semplicemente acquistando strumenti denominati in dollari (tipo MBS) perché hanno migliori yield. Al momento la banca A ha però soltanto finanziamenti (depositi, prestiti, obbligazioni, …) in EUR ed ha invece bisogno di ottenere USD. Come detto, il modo più semplice è con un ccy swap.

In questa transazione A prende a prestito dollari da un’altra banca (B) e paga USD Libor, così come farebbe in un prestito interbancario unsecured. Questa transazione però espone B al rischio di controparte rispetto ad A, così contemporaneamente A fa un prestito in euro a B per ridurre l’esposizione netta tra le due banche a zero. L’ammontare nozionale sarà ri-scambiato alla scadenza dello swap

Non è finita: dobbiamo ancora determinare quanto B è disposta a pagare per il prestito in EUR, la seconda gamba dello swap. Se B è disposta a pagare Euribor (meno qualche bp per la transazione, perché B vuol guadagnare qualcosa dal prestare i suoi dollari), si dice che i mercati funzionano normalmente e la base è prossima a zero. E cosa determina la propensione di B a pagare? La risposta è semplice: quello che può fare con gli EUR che ottiene.

Prima del 2007, l’universo di opportunità per chi aveva EUR da investire era molto ampio: le banche in Spagna, Irlanda e nell’Europa dell’Est non riuscivano a soddisfare la domanda di prestiti nei loro mercati domestici utilizzando semplicemente i depositi, e quindi erano molto attive nei mercati interbancari dove trovavano ampia liquidità da parte di banche non-europee disposte ad investire. Da allora le cose sono cambiate drasticamente: prestare in EUR non è più così attraente.

In mancanza di queste “opportunità”, la banca B non è poi così interessata ad avere EUR, che vede meramente come “mitigante” del rischio del prestito in USD che ha fatto. Con l’enfasi che oggi è sulla sicurezza e non sul rendimento atteso, B è disposta solo a pagare quello che questi assets usati come collaterale rendono in termini di risk-free. Nella Eurozona questo vuol dire essenzialmente o i bund tedeschi o le riserve presso la BCE, ed entrambi sono in territorio negativo da un paio d’anni. Quindi, non solo B non è disposta a pagare molto, ma A è costretta addirittura a pagare B perché si prenda gli euro! A finisce per pagare molto più che USD Libor sui dollari che vuole prendere a prestito, ovvero la base negativa è una conseguenza – non voluta ma diretta - dei tassi negativi.

Conclusioni
Draghi ha perfettamente ragione quando dice che i problemi delle banche nell’Eurozona non sono dovuti alle azioni della BCE ma sono piuttosto l’eredità delle gestioni sconsiderate del passato (NPL). Ma il risultato finale dell’introduzione dei tassi negativi (per spingere la crescita, ridurre il peso dei debiti statali, favorire i mercati finanziari, …) è stato di fatto di aver creato politiche restrittive per quelle banche che fanno affidamento sui finanziamenti in USD. Questo è certamente vero per Deutsche Bank, la banca sistemica più importante in Europa.

Se aggiungiamo questo agli altri fattori che stanno impattando il conto economico delle banche europee, è difficile immaginare che le grandi banche possano generare rendimenti decenti nelle condizioni attuali (per le banche locali, più piccole e solo marginalmente esposte a USD, i rendimenti futuri saranno determinati da altri fattori, come l’andamento delle economie locali, la gestione di NPL e la loro ristrutturazione).

PS: la cross-currency swap basis ha un impatto su tutti gli investimenti in dollari che sono poi hedged nella valuta locale. Questo grafico mostra ad esempio qual è il rendimento netto attuale dall’investire in titoli corporate americani su base coperta. Partendo da un rendimento corrente di circa 2,9% per l’indice Barclays US Corporate (che sembra molto interessante confrontandolo con quanto è disponibile in euro), 1,2% viene consumato dal costo della copertura in termini di differenziale di tasso d’interesse (ad esempio per acquistare i forward) ed un ulteriore 0,4% dal costo attuale della base.


Fonte: dati di Fidelity. 

Agli investitori europei (e giapponesi) rimane un ben più misero 1,3% netto: scommetto che non ve lo hanno detto quando vi hanno proposto di investire in USD hedged perché lì i rendimenti sono più alti?

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